La Voce della Coscienza

"Quelli che dicono : Che male c'è"

« Older   Newer »
  Share  
Raiden
view post Posted on 23/12/2011, 12:24 by: Raiden




Vorrei sottoporvi questo interessante articolo di Matteo Ferraris pubblicato su Repubblica il 30,Aprile 2011


CITAZIONE
Maurizio Ferraris
Quelli che dicono: che male c’è?

Attraverso il "Che male c´è?" il critico viene trasformato in imputato per il solo fatto di criticare, cioè, si noti bene, perché esprime le proprie opinioni.
Poi hanno inizio due movimenti contraddittori ma estremamente efficaci. Dopo aver sostenuto che nel compiere una certa azione non c´è niente di male, si giura solennemente e pubblicamente, magari sulla testa di parenti innocenti, di non aver mai compiuto quell´azione o di aver detto la tal cosa. E quindi ci si impegna a dimostrare che, semmai, quella azione (o qualcosa di anche solo vagamente simile, il pubblico non spacca il capello in quattro), è stata compiuta proprio dal criticone moralista, dal sepolcro imbiancato, che deve solo vergognarsi, perché – e qui emerge l´unilateralità della depenalizzazione – nel suo caso il male c´è, eccome. Nel meccanismo del "Che male c´è?" interviene un dispositivo che colpisce al cuore una categoria fondamentale dell´Illuminismo, l´opinione pubblica, la quale – lo ricordava Habermas in Storia e critica dell´opinione pubblica (1962) – nasce proprio come spazio in cui la critica del potere vale come istanza di controllo e di garanzia dei diritti degli individui. Già Habermas descriveva la trasformazione della opinione pubblica nel mondo mediatico, da spazio di discussione a spazio di manipolazione delle opinioni da parte dei detentori dei massmedia. Ma il "Che male c´è?" definisce un terzo stadio, e cioè il fatto che ogni sopravvivenza di opinione pubblica critica viene svuotata apriori attraverso la categoria di "moralismo". Così, il "Che male c´è?" si presenta come un efficacissimo strumento di repressione del dissenso, e raggiunge la sua perfezione quando la critica viene squalificata a pettegolezzo, ossia, come si dice in inglese, forse sperando che qualcuno non capisca, a "gossip". Anche qui c´è un meccanismo interessante. Da una parte, infatti, la personalizzazione carismatica del potere fa sì che tutte le attenzioni si concentrino sul leader, e questo per una precisa scelta politica caratteristica del populismo mediatico. E in questo senso le grandi decisioni della politica hanno luogo sui settimanali scandalistici, cioè per l´appunto sui settimanali di gossip. Ma il vantaggio non è semplicemente la creazione e la manutenzione del consenso. Perché la spettacolarizzazione carismatica deve essere un flusso di sottomissione incondizionata, e ogni critica viene declassata a "gossip". A questo punto si può soltanto applaudire, tutto il resto è gossip e "tritacarne mediatico", anche le decisioni di politica estera. Sebbene sia dunque con ogni evidenza un meccanismo di repressione, il "Che male c´è?" viene presentato come un principio di emancipazione contro parrucconi, moralisti, o magari ex-immoralisti moralizzati. È cruciale, sotto questo profilo, che il "Che male c´è?" si presenti come una depenalizzazione estensibile a tutta la società: per oggi non c´è niente di male in quello che faccio io, ma verrà il giorno in cui non ci sarà niente di male in quello che fate voi. Ma che cosa sia progressivo, e cosa retrivo, lo decide ovviamente il detentore del "Che male c´è?". Per cui le coppie gay sono disapprovate peggio che vent´anni fa ed è diventato delittuoso anche indossare dei calzini turchese. Con il "Che male c´è?" si afferma una nuova nozione di vita, diciamo di una vita "senza se e senza ma" (con un micidiale cortocircuito con la difesa della vita di impronta cattolica), impermeabile a ogni critica. A questo punto, se uno dicesse, con Socrate, e poi con Robert Nozik, che "la vita non esaminata non ha valore", rischierebbe di passare, a dir poco, per nemico del popolo. Ma che vita è, ci si chiede, quella del "Che male c´è"? È una vita auto-assolta, a priori. Perché non c´è bisogno di condurre profonde analisi politologiche per capire che nel "Che male c´è?" si nasconde un´altra cosa, e precisamente "la ragione del più forte è sempre la migliore". E dunque, invece di ammantarsi di un tiepido "ognuno in casa sua fa quello che vuole, siamo in un paese libero" ecc. ecc. sarebbe opportuno che gli avvocati del "Che male c´è?" prendessero atto del fatto che il loro è un atteggiamento tutt´altro che liberale o libertario. Perché, nel suo principio, la immunità extraparlamentare del "Che male c´è?" vale per una persona sola, cioè per il massimo detentore del potere, che esibisce la sua protezione in cerchi concentrici. Perché nel "Che male c´è?" il giusto, proprio come nella Genealogia della morale di Nietzsche, si identifica con il forte. Il "Che male c´è?", dunque, è l´assunzione della differenza tra la Herrenmoral, la morale dei signori, al di là del bene e del male, e la morale degli schiavi, che devono sottomettersi. Si sbaglia dunque chi magari sogna che si vada verso un nuovo mondo emancipato, e che, poniamo, le escort siano l´avanguardia del neofemminismo. C´è poco da fantasticare. Chi è escluso o decade dalla protezione sovrana è escluso dai benefici del "Che male c´è" e affidato alle condanne della morale comune particolarmente retriva, dove le escort, se cadono in disgrazia, sono designate con gli epiteti italianissimi che leggiamo nelle intercettazioni.

 
Top
0 replies since 23/12/2011, 12:24   54 views
  Share